Frutta Secca

Nella categoria della frutta secca rientrano tanti alimenti come le noci e le mandorle, le nocciole e gli anacardi, ma anche l’uvetta, i fichi e le mele. Ecco le loro caratteristiche principali, sia dal punto di vista della salute che della linea!

Caratteristiche

Viene chiamata frutta secca l’insieme di prodotti che hanno perso tutta la loro umidità, indipendentemente se sia stato usato un metodo artificiale o naturale. La caratteristica principale di questi alimenti è la possibilità di poterli conservare a lungo, proprio grazie alla perdita dell’umidità. Ma occorre fare una distinzione fondamentale tra la frutta secca “classica,” ossia da frutta che naturalmente presenta un guscio e un residuo di umidità bassissimo come le noci, le mandorle e le nocciole, e la frutta “essiccata”, che viene sottoposta dall’uomo a un processo di disidratazione, come i fichi, l’uva passa e le prugne. In quest’ultimo caso la frutta può essere disidratata sia in modo industriale con l’utilizzo di disidratatori appositamente creati per i prodotti alimentari, o in modo naturale, sfruttando il calore del sole.

La disidratazione, infatti, è una delle tecniche più antiche inventate dall’uomo per la conservazione degli alimenti, particolarmente diffusa nei paesi più caldi. La frutta secca in generale può essere consumata da sola come snack oppure può essere utilizzata come ingrediente di ricette più elaborate, solitamente di dolci, ad esempio lo strudel o il torrone. Ancora, frequentemente la troviamo nei muesli che si utilizzano per la prima colazione, ed è facile trovarla anche in antipasti, primi e secondi piatti di vario tipo.

Nella cucina la frutta secca può essere utilizzata sia intera che macinata che sfarinata: quest’ultimo formato è quello maggiormente utilizzato per la realizzazione di dolci da forno. La frutta secca in tutte le sue forme viene consumata tutto l’anno, anche se il periodo in cui per tradizione è più facile trovarla sulle nostre tavole è quello natalizio.

Tipologie

Vengono chiamati frutta secca sia gli autentici frutti come le nocciole, sia i semi di alcune piante come nel caso dei pinoli, sia determinati tipi di legumi, come nel caso delle arachidi. Ecco alcune delle varietà di frutta secca più comunemente utilizzata nella nostra tavola.

  • Nocciole
    Provengono dall’Asia minore e sono ricche di vitamina E, acido folico e fitosteroli. Si trovano sia con che senza guscio, intere o spellate, e anche tritate. Dalle nocciole viene anche estratto un olio che perfetto per condire; questa frutta secca infatti possiede un elevato contenuto di grassi e fibre in buona quantità.
  • Mandorle
    Anch’esse di provenienza orientale, nella versione intera e non spellata offrono un buon apporto di fibre, di Vitamina E e B3, di fitosteroli e di sali minerali quali il magnesio e il calcio. Sono le più ricche anche di proteine tra tutta la frutta secca.
  • Noci
    è la frutta secca di maggiore diffusione e forse una delle più caloriche: contengono infatti 65 grammi circa di grasso, che si traducono, energeticamente parlando, in circa 690 calorie per 100 grammi. Possono vantare un buon contenuto di fibre, di potassio e di fosforo e possiedono un contenuto molto elevato di lipidi mono e polinsaturi, che aiutano a combattere il colesterolo.
  • Pinoli
    Contengono circa il 40% di grassi, quindi una percentuale piuttosto bassa, e sono ricchi di proteine e di vitamina A. Ma visto che le pigne da cui sono estratti vengono fatte maturare per un periodo di tempo di circa tre anni, e ne servono circa trenta kg per ottenere circa un kg di pinoli, risultano essere piuttosto costosi.
  • Pistacchi
    Provengono dall’Asia e offrono un ottimo apporto di fitosteroli, potassio e ferro, di preziosi antiossidanti e di vitamine E e A. Vengono assunti principalmente sotto forma di snack o come ingredienti di ricette di dolci.
  • Arachidi
    Anche se sono conosciute come noccioline americane vengono dal Brasile e la loro caratteristica più curiosa è quella di crescere sottoterra. Generalmente vengono assunte tostate o utilizzate dall’industria alimentare per la produzione di burro e olio di arachidi, in quanto sono molto proteiche e molto poco lipidiche.

Esistono anche altri tipi di frutta secca meno diffusi o comunque considerati minori, ad esempio gli anacardi, che vengono dal Brasile e sono ricchi di sali minerali e di vitamine B1 e B2; la noce Pecan che proviene dagli Stati Uniti e detiene il primato di calorie tra tutta la frutta secca, con un apporto di 750 calorie per 100 grammi; le noci brasiliane ricche di lipidi, di fosforo, di magnesio e di potassio con 680 calorie per 100 grammi; le noci macadamia, che provengono dall’Australia, presentano un guscio molto duro e sono ricche di grassi, di sali minerali e di vitamine A, B1 e B2.

Apporto nutritivo

La prima distinzione che va effettuata tra i due diversi tipi di frutta secca è relativa alla composizione: la frutta secca naturale è sostanzialmente lipidica, contiene quindi molti grassi, mentre quella essiccata o disidratata è prevalentemente glucidica, contiene quindi una quantità elevata di zuccheri. Esistono però ovviamente delle eccezioni, ad esempio le castagne, che nonostante appartengano alla categoria della frutta secca sono ricche di carboidrati, oppure il cocco disidratato, che presenta un elevatissimo contenuto di grassi nonostante sia un frutto.

Ovviamente, a causa della sua maggiore concentrazione causata dall’assenza di un’adeguata umidità, la frutta secca è molto più dolce e saporita rispetto al suo corrispondente fresco, e anche molto più calorica, tanto che la si può definire ipercalorica. Per fare un esempio pratico, basti pensare che le mele fresche apportano circa 44 calorie e 11 g. di zucchero per 100 grammi, mentre la stessa quantità di mele disidratate apporta 70 grammi di zucchero e la bellezza di 370 calorie!

La frutta secca di tipo lipidico è costituita prevalentemente da grassi, in percentuali che variano dal 50% all’87%: questo è causa di un apporto calorico che arriva ad essere superiore alle 500/750 calorie ogni 100 grammi. Un altro esempio pratico: le castagne fresche hanno un contenuto molto elevato di carboidrati ma apportano circa 190 calorie per 100 grammi, mentre le castagne secche apportano 370 calorie per 100 g. Allo stesso modo, la frutta disidratata o essiccata possiede un contenuto molto elevato di zuccheri, in percentuali che variano dal 40% al 70%, e forniscono dalle 200 alle 300 calorie ogni 100 grammi. Tra queste spicca il cocco essiccato, le cui calorie ogni 100 grammi arrivano ad essere 600, in quanto contiene circa il 62% di grassi.

Tutti questi numeri servono a dare il quadro generale di una categoria alimentare da consumare con attenzione, in particolar modo per quel che riguarda la frutta secca appartenente al gruppo lipidico; il loro indice di sazietà infatti è molto basso, il che vuol dire che non riempiono lo stomaco ma ci riempiono di calorie, compromettendo seriamente il bilancio calorico a cui siamo abituati. Viene considerata una quantità ragionevole di frutta secca da assumere quotidianamente circa 10 o 30 grammi, considerando che tale quantità ci fornisce all’incirca dalle 120 alle 200 calorie. Il momento migliore per assumere la frutta secca è come snack tra un pasto e l’altro, mentre uno degli errori più comuni è quello di consumarla alla fine dei pasti principali, come avviene nel corso delle festività di Natale, dove tra una chiacchiera e una sgranocchiata di frutta secca si arriva facilmente e senza quasi accorgersene a raddoppiare le calorie ingerite durante il pasto.

Le caratteristiche nutritive della frutta secca, in particolar modo quella di tipo lipidico, la rendevano nei secoli addietro un alimento molto diffuso tra gli strati meno abbienti della popolazione, che cercavano di raggiungere un apporto calorico soddisfacente integrando i pasti poco nutrienti con la frutta secca. Al giorno d’oggi la situazione è esattamente al contrario: l’alimentazione quotidiana media apporta un numero troppo elevato di calorie, il che rende superfluo, e in molti casi anche controproducente, il consumo della frutta secca.

Vantaggi

La frutta secca contiene principalmente grassi mono e polinsaturi, consigliati a chi ha problemi di colesterolo alto. Le noci in primis hanno un elevato contenuto di acidi grassi essenziali, ad esempio l’acido linolenico e l’acido linoleico, che fanno parte degli Omega 3 e contribuiscono alla riduzione del colesterolo nel sangue. Altre sostanze benefiche per le arterie contenute nelle noci, nelle mandorle e nelle nocciole sono i fitosteroli. Ancora, le noci, le mandorle, le nocciole e le castagne sono particolarmente ricche di fibre, che aiutano a regolare l’intestino; fibre che sono contenute anche nella frutta essiccata e in particolar modo nelle mele e nelle prugne, nell’uvetta, nei fichi e nelle albicocche. Ancora, la frutta secca è un alimento ricco di acido folico, particolarmente interessante per le donne incinte per proteggere la salute del feto. La frutta secca di tipo lipidico apporta anche buone quantità di vitamina E, che viene contenuta naturalmente da questi alimenti per proteggerli contro l’irrancidimento delle sostanze grasse.

Secondo recenti ricerche pubblicate da riviste di informazione medica e nutrizionale di livello internazionale, le persone con problemi di sovrappeso possono apportare giovamenti al proprio livello di colesterolo e di trigliceridi grazie all’assunzione regolare ma moderata di frutta secca, che aiuta anche ad elevare la quantità di colesterolo definito “buono”. Un’ulteriore ricerca pubblicata in una rivista americana di cardiologia ha evidenziato quanto l’azione anti-aterosclerotica degli acidi grassi contenuti nelle noci sia importante per la riduzione di patologie a livello cardiovascolare e coronarico, ad esempio l’infarto del miocardio. Anche molti studiosi italiani, basandosi sui risultati delle ricerche effettuate a livello internazionale, hanno confermato che l’assunzione, cinque volte a settimana, di una trentina di grammi di frutta secca può aiutare a ridurre il rischio di patologie cardiache del 35%/53% e può giocare un ruolo di fondamentale importanza anche per prevenire il diabete cardiovascolare.

Tranne che per l’acido folico e la vitamina E, il contenuto vitaminico della frutta secca non è neanche lontanamente paragonabile a quello della frutta fresca, di cui la frutta secca non può e non deve essere considerato un sostitutivo. La frutta secca, infatti, ha anche un limitato apporto proteico, e solitamente caratterizzato da un calore biologico di scarsa rilevanza, non paragonabile a quelle di origine animale. Solitamente i nutrizionisti sono d’accorso nel consigliare attenzione e moderazione nell’assunzione della frutta secca, in quanto i benefici che questo alimento può apportare al sistema cardiovascolare si annullano in presenza di dosi eccessive, eccessivamente caloriche.

Come scegliere

Nella maggior parte dei casi la frutta secca viene prodotta e commercializzata da aziende specializzate che sono in grado di assicurare il massimo controllo in ogni fase del processo di produzione. Certamente la natura stessa di questo alimento, ossia l’assenza di umidità, lo rende difficilmente attaccabile da batteri e microorganismi vari, quindi non ci sono particolari criticità riguardo alla sua conservazione: solitamente, infatti, basta conservarla in un luogo asciutto, fresco e possibilmente al riparo dal sole. Nel caso in cui non si riuscisse a conservare la frutta secca di tipo lipidico nel migliore dei modi, il peggio a cui si può andare incontro, di solito, è il suo irrancidimento, che viene causato dall’alterazione delle sostanze grasse. Lo stesso fenomeno si può verificare nel caso in cui il prodotto fosse molto vecchio.

Riguardo all’acquisto, il tipo da preferire è quello con il guscio, un involucro protettivo naturale estremamente più efficace di un imballaggio industriale di qualsiasi tipo. A volte la frutta secca può essere attaccata da insetti e larve, fenomeno di cui ci si accorge solo dopo aver rotto il guscio. Nel caso in cui si preferisse acquistare la frutta secca già sgusciata, la cosa migliore è preferire gli imballaggi sottovuoto, che assicurano al prodotto una maggiore e più prolungata freschezza; questo tipo di frutta secca però è più deperibile di quella col guscio, quindi è bene leggere con attenzione l’etichetta per assicurarsi che non ci sia una presenza eccessiva di antiossidanti e di conservanti, dannosi per la salute. Gli additivi alimentari più utilizzati nel caso della frutta secca sono i solfiti, come l’anidride solforosa, che svolgono un’azione antimicrobica, e l’acido sorbico per proteggerla contro l’attacco di funghi: sostanze che potrebbero essere causa di fastidiose intolleranze o allergie.

Frutta secca

La Frutta secca piu’ buona direttamente dal produttore

Come per tanti altri prodotti, anche per la frutta secca vale il consiglio di effettuare l’acquisto in punti vendita molto frequentati, dove sia assicurato il ricambio continuo dei prodotti, che evita di effettuare acquisti di frutta secca vecchia. Se si sceglie la frutta secca col guscio è bene controllare il fondo dell’imballaggio: se notate la presenza di piccole briciole non diverse dalla segatura vuol dire che la frutta potrebbe contenere qualche parassita. Sotto l’aspetto sanitario, la frutta secca può essere colpita dalle aflatossine, ossia sostanze nocive che vengono prodotte da diversi tipi di muffa tipici dei prodotti alimentari come la frutta secca per l’appunto, quella fresca, oli, cacao e cereali.

Questo tipo di tossina potrebbe avere un effetto cancerogeno e sono anche resistenti alla tostatura e alla cottura. Un regolamento della Commissione Europea, però, ha recentemente innalzato il livello di aflatossine permesso per la frutta secca da 4 a 10 microgrammi al chilo, in adeguamento a una prescrizione dell’OMS. Un adeguamento probabilmente dovuto a motivi di origine commerciale, che permette di importare la frutta secca anche da paesi, ad esempio quelli in via di sviluppo, dove le condizioni di conservazione non sono ottimali e favoriscono la formazione delle aflatossine. Il problema non è molto rilevante dato che solitamente non si consumano grandi quantitativi di frutta secca, ma diventa di entità superiore se pensiamo a prodotti che vengono consumati in grandi quantitativi, ad esempio i cereali, che incrementano quindi l’esposizione alle aflatossine.

a cura di http://www.guidaacquisti.net